È divenuta quasi una costante, sentire la preoccupazione di molte mamme
riguardo a come debbano o possano gestire i propri piccoli. L’ansia di “fare e
saper fare bene”, pone molte donne a riflettere se i metodi educativi da loro scelti, siano sufficienti a garantire uno sviluppo
adeguato del bambino. In alcuni casi, il
senso di in inadeguatezza la fa da padrona.
E proprio in questo scenario, che il metodo Montessori, ritorna prepotentemente.
Maria Montessori fu il primo
medico donna, nel secolo scorso in Italia, ha contribuito a costruire una nuova
immagine e considerazione del bambino, desideroso di cresce e sperimentare il
proprio contesto di vita in autonomia.
Il suo, è un metodo educativo, che nel tempo, è
riuscito ad rimanere all’avanguardia in una società odierna, veloce, sempre di
corsa ed esigente, che ha costruito attorno a se’ un sistema iperstimolato, fatto di rapporti e
oggetti mutevoli, nel quale, anche i più
piccoli ne rimangono investiti.
La Montessori, che ha attribuito alla pedagogia un
valore scientifico, descrive l’autentica natura dell’infanzia, e del bambino naturale, che se immaginato
libero dalle influenze negative
dell’adulto, dalle sue inibizioni, e repressioni, e collocato in un ambiente adatto alle sue
esigenze, ha la possibilità di dar
sfogo a quell’energia creativa che ogni piccolo possiede. Il
bambino assorbe in sé l’ambiente, realizzando passo dopo passo la propria
personalità e il proprio adattamento alla realtà.
È proprio nella realtà odierna, a volte fatta di
ansia e di controllo, che si manifestano
le perplessità di molte madri. Già Donald Winnicott, ha svincolato la figura materna, dall’essere perfetta ed infallibile, lui descrive una
donna, una madre, sufficientemente buona: una madre imperfetta, ma sana e affettivamente presente.
È possibile
trovare un filo conduttore tra i due autori.
Una madre sufficientemente buona consente al
proprio bambino di conoscere e di impossessarsi
del proprio ambiente di vita, mentre
nell’approccio montessoriano, il gioco e l’esplorazione, anche se pur
controllati (in termini di sicurezza), non
debbano essere pilotati da suggerimenti che castrano il senso di conquista
dell’autonomia del bambino ( non fare
cosi, non sporcarti, sporchi casa, non saltare, non correre,
ipercorrezione, ecc), ma lascino il senso di scoperta e di successo.
Ci si immagina un bambino capace di dar sfogo ai
propri interessi, alle curiosità esplorative del momento, anche con materiali
semplici (pentole, posate, colori, pasta,
legumi, contenitori, ecc,), in cui l’attività ludica oltre a conservare
quel valore intrinseco di divertimento, permetta al bambino di acquisire nuove
competenze comportamentali e, a comprendere le cause e gli effetti delle
proprie azioni. Pensate come basti giocherellare con materiali giornalieri, (esempio
delle mollette), e permettere al bambino
in modo naturale, di prendere familiarità con l’oggetto, e in una pura attività di gioco di esercitarsi nella
prensione, nella pressione e nella coordinazione occhio – mano.
Garantire nella scoperta, la conquista dell’autonomia. Pensiamo alla possibilità di farli divertire con il cibo fin da piccoli,
impastare le mani, sporcarsi…fino ad arrivare a mangiare autonomamente. Stimolarli a fare da soli, nel vestirsi, nel
lavarsi nel sistemare i giochi e tant’altro, aiutarli ad accettare le piccole
frustrazioni che ne possono derivare.
Certo le conseguenze
sono bene note per le mamme, ma probabilmente ne vale la pena…. guardare
negli occhi dei nostri piccoli, la soddisfazione di aver vinto!
Autore:
Dr.ssa Daniela Iaconianni
Pedagogista - Professional counselor - Esperta in disturbi generalizzati dello sviluppo, difficoltà comportamentali e relazionali.
E-mail: daniela.iaconianni@virgilio.it
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