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martedì 26 aprile 2016

La Bambola del futuro?


Gli studiosi pedagogici hanno ritenuto che il gioco investa un ruolo  fondamentale per lo sviluppo sociale e cognitivo del bambino.
John Dewey, Sigmund Freud, Maria Montessori, Rosa Agazzi, Jean Piaget ecc., anche se in fasi diverse, hanno affermato che il gioco sviluppa l’apprendimento e la creatività, stimola l’immaginazione, la fantasia, la memoria, l’attenzione, la concentrazione, favorisce lo sviluppo di schemi percettivi, capacità di confronto relazionali.
La stessa Maria Montessori affermava, infatti, l’importanza di lasciare al bambino libero arbitrio nello spostare le cose, anche in ambiente scolastico, per far si che fosse egli stesso a renderlo più consono alle sue esigenze, stimolando in questo modo la sua creatività, così come accade nel gioco in cui è il bambino stesso a modulare “i luoghi e le storie”.
John Dewey riteneva che l’inventare e l’elaborare mentalmente del bambino ne stimolassero la crescita e lo sviluppo,  nonché il suo modo di comunicare e di come il gioco ne fosse crocevia essenziale.
In questa mia considerazione, voglio soffermarmi brevemente sul gioco con la bambola che è il giocattolo più antico e su quanto sia cambiata nella sua forma.
 Esisteva già nel 2000 a. C. in Egitto. Il materiale con cui si costruiva era l’avorio, il legno e la terracotta; col tempo veniva anche prodotta in cartapesta, ed in fine di gomma, poiché risultava più resistente nel tempo.
Quando ci si riferisce ad una bambola, la si associa sicuramente al giocattolo che simboleggia l’ infanzia di  una bimba per eccellenza.
Quest’ultima, da sola o con altre coetanee, “gioca a fare la mamma”, esprimendo, in tal modo, sentimenti sia dal punto di vista “psicologico” che “pedagogico”.
Imitando la mamma si sente grande e sviluppa così il senso della responsabilità e dell’empatia; si libera dalle proprie angosce ed esprime la cura del proprio aspetto fisico, estrinsecando tutto ciò nel cambiare alla propria bambola gli abiti, pettinandole i capelli, ecc.
Il soggetto mette in gioco, in questo modo, la propria capacità di immaginazione e di creatività nell’elaborare ed “inscenare” situazioni e vicende.
Oggi però le cose sembrano cambiate.
La bambola alle bambine viene presentata dagli adulti in altre forme; essa non è più la “bambola bambina da dover accudire”, ma sempre più spesso giochi manipolati dai grandi e più simili ai loro “canoni” e convenzioni sociali, di una modernità spesso fuorviante.
Nasce una bambola “adulta” come Barbie, che mostra nelle sue fattezze di aver superato abbondantemente i 25 anni (fine dell’età adolescenziale), truccata e pettinata di tutto punto, che indossa bellissimi abiti griffati, vive da sola, possiede una casa confortevole, un’auto, tante amiche, una relazione sentimentale, una vita professionale (fa la hostess, il medico, la veterinaria, la superstar, la modella, ecc.) e gira il mondo.
In questo caso la bambina si proietta verso il mondo degli adulti, si prepara quindi all’autonomia, alla vita piena di benessere e spesso riproduce su se stessa  l’abbigliamento  e il trucco  della propria Barbie preferita.
Giocando con Barbie sembra che le fasi della vita si siano annientate, bruciando le tappe delle età evolutiva (dall’infanzia attraverso l’adolescenza, alla maturità).
Le bambine non desiderano solo una Barbie, così nascono le bambole da collezione e il desiderio di “avere” e di “competere” con le altre bambine (amiche).
È evidente che il senso pedagogico del gioco con le bambole si annienti all’improvviso.
Nel 2012 viene proiettato sugli schermi un cartone animato intitolato “Monster High: Una Festa Mostruosa” che ha poi avuto seguito in episodi a puntate su canali tematici per bambini.
Questo narra la storia di alcune adolescenti, figlie di mostri leggendari
di origine mitologica e fiabesca: Dracula, La Mummia, Il mostro della laguna nera, il 

mostro di Frankenstein ecc., che frequentano una scuola per mostri il cui motto è: "Ogni mostro con tutti i suoi difetti è il benvenuto" .
Il Film, in questo senso, ha una morale positiva, poiché regna la solidarietà e spinge all’accettazione, quindi all’ integrazione del diverso.
Pone inoltre, agli occhi del fruitore anche il fattore socio-antropologico del relativismo culturale. Infatti, viene analizzata una società differente dalla nostra con le proprie particolarità e “regole”  in cui i bambini si proiettano e di cui imparano a comprendere le dinamiche.
Le protagoniste si impegnano a coinvolgere i mostri emarginati all’interno della loro società.
Dal successo avuto dalla pellicola, sono state commercializzate delle bambole che raffigurano i personaggi con relativi accessori.
Le protagoniste: Framkie Stein, Draculaura, Clawdeen Wolf, Cleo de Nile, Lagoona Blue, Ghoulia Yelps e Deuce Gorgon sono i personaggi meno spaventosi, perché sono quasi vicine al genere umano;  invece, i personaggi secondari (ovvero i mostri emarginati) sono dei veri e propri mostri: ad esempio Peri e Pearl Serpentine hanno un unico corpo di serpente con due teste umane, oppure Iris Clops  ha solo un occhio da ciclope.
Queste bambole oggi sono diventate famose e si vendono dappertutto, persino nei supermercati, sembrano anche essere costose e molto vicine, nel loro abbigliamento, alla moda del momento.
Navigando sul web, si nota come ne vengano postate foto in cui si condivide con la comunità internauta la propria collezione di Monster High.
A parte il fattore solidarietà di cui prima esposto, bisogna chiedersi ora cosa le bambine assimileranno da questi giocattoli? Forse creatività? Fantasia? Certo non possono immedesimarsi in loro, perché non mostri, ma esseri umani.
Che tipi di sentimenti esprimono questi soggetti giocando con queste bambole? Il coraggio o la paura? La gioia o la tristezza? La bellezza delle cose o l'orrore? Quale, a questo punto, il concetto di “normalità o contingenza” nel percorso di crescita e sviluppo della persona?
La discussione potrebbe protrarsi all’infinito, ma questo lasciamolo dire agli studiosi che dovranno evidenziare, con un acceso dibattito, la criticità di questi giocattoli.
Quello che appare è che nel gioco con le bambole sembra svanita la semplicità e l’innocenza del gioco stesso, per lasciare spazio alla fantasia degli adulti, che subentra prepotentemente nella mente delle bambine impedendo  il normale percorso di sviluppo cognitivo e comportamentale che, gradatamente, le dovrebbe condurre verso l’affermazione della propria personalità equilibrata.

Autore:
Maria Chiara Buccieri
Studentessa di Scienze dell'Educazione (L-19)
E-mail: mariachiarab94@libero.it

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