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sabato 26 marzo 2016

L’importanza dell’ auto-accettazione, in una società di massa fondata sull’idealizzazione


L’autostima, è uno aspetto della nostra esistenza che ci permette di trovare un giusto equilibrio tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. Dietro l’autostima ci siamo noi, c’è la nostra persona, c’è l’idea che diamo agli altri di noi stessi.   A volte però viene a mancare questo credere in noi, cosi quello specchio diventa il tuo nemico, e il tuo pensiero rimane prigioniero dentro di te,  per paura di non dire la cosa giusta.
Durante la crescita, e la fase adolescenziale soprattutto , riuscire ad acquisire fiducia in se stessi è un aspetto fondamentale, che influenza anche molto della nostra vita adulta.  In realtà come oggi, per esempio lo   di fenomeni anti-educativi,  come il bullismo o l’idealizzazione dei canoni estetici,  rendono più tortuosa  la strada verso l’autostima. Immaginiamo una giovane ragazza tra i 14/15 anni leggermente in sovrappeso, e continuamente bombardata da immagini di  donne magrissime, oppure un giovane ragazzo costretto ad isolarsi perché vive nel terrore di essere deriso.
Proviamo ad immedesimarci  per un attimo, nel percorso di un individuo, che in inizia ad affacciarsi alla vita,  e riflettiamo  su come può essere difficile vivere una tranquilla adolescenza. Nell’età più bella , spesso manca la spensieratezza.  L’estetica che oggi, attraverso internet ed i social è senza alcun dubbio, costantemente al centro delle nostre attenzioni,  fa nascere quel bisogno di affermarsi, “perché bello” e alla moda. Tutto appare a volte cosi ossessivo e costruito,  spesso molti ragazzi finiscono per diventare ed incarnare dei modelli, dimenticando se stessi, un qualcosa che potremmo quasi definire come una perdita della propria identità.  Si ha paura di non essere accettati o di essere giudicati. Ecco perché,  solo una vera ed autentica personalità, può  garantire ad un adolescente di restare fuori da questo impasse, che di certo non giova la personale crescita culturale di . Lo sviluppo di un pensiero critico rappresenta quindi uno degli aspetti fondamentali su cui lavorare. Partiamo dal presupposto che riuscire ad arginare il forte impatto mediatico dei media non è di certo un compito semplice, e in questo le figure adulte e competenti possano aiutare a svilupparlo. Perché ricordiamoci che una solida base, (che spesso parte dalla famiglia) Questo è un aspetto di assoluta rilevanza che non va mai tralasciato, perché spesso abbiamo il dovere di capire il pedagogista ha dovere di capire chi abbiamo  di fronte e  capitare le fragilità che hanno fatto crollare quel castello.  L’autostima va coltivata, e stimolata, e il genitore in questo può dare un forte contributo, ricordando anche semplicemente, ai propri figli di essere stati bravi per un giorno, ma mettendoli sempre di fronte ai propri limiti. Spesso involontariamente rischiamo di commettere errori grossolani. E se è vero che il mondo là fuori è una giungla è anche vero che tutti noi possiamo dare il nostro piccolo contributo per reagire di fronte ai piccoli inconvenienti della vita. Un bambino, o un adolescente che impara a camminare sulle proprie gambe sarà un uomo o una donna del domani,  che avrà sviluppato ed imparato a gestire sia le proprie paure che a tira fuori le proprie potenzialità. Non saremo mai totalmente sicuri,  e mai saremo immuni dagli errori, perché crescere vuol dire anche questo, immergersi in quel mondo, e saperci stare dentro.

Autore:
Dr.ssa Mariasimona Gabriele
Educatore Sociale
e-mail: simomaria@hotmail.it

venerdì 18 marzo 2016

Il pericolo delle “sette sataniche”: dall’adescamento psichico alla complessa via di fuga

Viaggio all'interno dell'errabondo mondo delle sette sataniche

Abstract:
L'articolo è volutamente suddiviso in quesiti, in modo da avere una migliore chiave di lettura del discorso. Si è osservato nel dettaglio ogni tipo di pratica o adescamento condotto da adepti e reclutatori provenienti da sette sataniche; le varie e numerose pratiche vengono spiegate ed elencate nel dettaglio e, vengono forniti vari consigli su come sfuggire all'adescamento di "pseudo-amici" incontrati per caso, in un momento di difficoltà. Le sette sataniche affliggono la nostra realtà più di quanto si pensi e, parlando di devianze e problematiche socio-psicopedagogiche il dovere del professionista è renderle pubbliche.


Verrà suddiviso l’articolo in vari quesiti, ai fini di semplificarne l’altrimenti troppo complesso schema di lettura. Partiamo dall’interrogativo più comune per cominciare ad esplorare l’errabondo e perverso universo delle sette sataniche; ‘Che cos’è una setta?’
Essa, è in sintesi un gruppo ristretto coercitivo non riconosciuto dallo Stato, nel quale si svolgono attività prevalentemente religiose o esoteriche gestite da un guru[1] e vari adepti[2] selezionati da esso, che impongono ubbidienza incondizionata a tutti coloro che ne entrano a far parte[3].
‘Come si entra a far parte di una setta satanica?’
Tramite il plagio. Ovvero un decentramento psicologico, attuato da un forte condizionamento mentale ‘continuo nel tempo’ su un particolare soggetto.

‘Come si entra a far parte di una setta satanica?’
Tramite il plagio. Ovvero un decentramento psicologico, attuato da un forte condizionamento mentale ‘continuo nel tempo’ su un particolare soggetto.

‘Come avviene il plagio?’
Ci sono vari metodi utilizzati dagli adepti per reclutarne di nuovi; il più comune e pericoloso è il “Love Bombing”, una bomba d’amore improvvisa che irrompe nella vita del soggetto da reclutare. Poniamo un semplicistico esempio di una situazione normalissima:

  • Io sono Marco, la mia ragazza mi ha lasciato dopo tre anni perché le piaceva un altro. Sono triste, voglio solo sparire, voglio stare da solo. Mi siedo al parco, avvolto tra i miei pensieri; (sulla stessa panchina si siede l’adepto, in veste di ‘reclutatore’ per la setta) <<Ciao, bella giornata oggi, vero?>> Lo guardo, e gli rispondo con lo sguardo basso: <<Non per me.>> Lui mi guarda vistosamente interessato alla mia condizione, ed io o per rabbia o per disperazione inizio a raccontare allo sconosciuto la mia disavventura”.
Ecco un banalissimo esempio di come agisce perlopiù il reclutatore; è apparentemente una persona amica incontrata nel posto giusto, al momento giusto; è un individuo pressoché perfetto, al quale confidare tutto di sé senza sapere nulla di lui. Il “Love Bombing” col passare del tempo ha ritmi più serrati e la conoscenza si estende ad altri soggetti. Il reclutatore può esordire con frasi standard, come: “Vieni, ti presento altri amici che ti capiranno tanto quanto me", e quando il ‘prigioniero’ manifesta la volontà di vedere la famiglia o i parenti, il reclutatore fa l’offeso, dicendo: “I tuoi non potranno mai capirti del tutto/ Sei solo un peso per la tua famiglia/ Io sono la tua vera famiglia / Lascia perdere quegli ignoranti/ Ti presenterò la tua nuova famiglia". Il distacco dal nucleo di appartenenza avviene lentamente, ma nel momento in cui il reclutatore riesce ad adescare pienamente la vittima il passaggio è definitivo. In quel momento l’adescatore ha pieno controllo sul soggetto e può manipolarlo a suo piacimento. Altri metodi di plagio sono:

  1. Isolamento;
  2. Ripetitività;
  3. Privazione del sonno.

Il primo, è una conseguenza del “Love Bombing”, la persona viene allontanata dalla famiglia e dai soggetti esterni al suo nucleo d’appartenenza.
Il secondo, costringe il neofita[4] a ripetere sempre le stesse frasi, tipo cantando, recitando o di svolgere sempre gli stessi compiti manuali.
Il terzo, indebolisce fisicamente la persona e la rende sempre più debole e malleabile.

‘Cosa accade una volta dentro la setta satanica?'

Il neo-adepto deve sottostare a quelle che sono le regole stabilite dal guru dalla setta e, deve svolgere delle pratiche a dir poco terribili per invocare con la messa nera la venuta del ‘signore oscuro’[5].


'Quali sono le pratiche sataniche utilizzate?’
Le lascive attività all’interno della setta sono sintetizzabili in molte categorie:

  1. Cannibalismo;
  2. Demonomania (simulazione del guru di una possessione diabolica;
  3. Esibizionismo;
  4. Feticismo;
  5. Masochismo;
  6. Spermatofagia (mangiare sperma);
  7. Dermatofagia (mangiare unghie o pellicine);
  8. Coprofagia (ingerire feci proprie ed altrui);
  9. Uropotia (bere urina propria ed altrui);
  10. Necrofagia (mangiare cadaveri);
  11. Necrofilia (rapporto sessuale con un cadavere);
  12. Necromania (uccidere e manipolare il cadavere);
  13. Necrosadismo (sodomizzare un cadavere);
  14. Omosessualità;
  15. Pedofilia;
  16. Pedonecrofilia (rapporti sessuali con bambini morti);
  17. Picacismo (ingerire terra);
  18. Vampirismo (bere sangue);
  19. Sadismo;
  20. Satiriasi/ninfomania;
  21. Scopofilia (godere guardando i genitali altrui);
  22. Statuofilia (rapporto sessuale con una statua o un albero).
‘Perché la persona plagiata non si ribella?’
Sarebbe come rivoltarsi contro la propria famiglia; il plagio può essere effettuato su chiunque e chiunque a sua volta può plagiare, è importante conoscere tali argomenti in modo da saper guardarsi le spalle.

‘Tutti possono essere vittima di plagio?’
Certo, nessuno è talmente forte da resistere ad esso. Ovviamente il reclutatore sa come agire in base alla personalità del soggetto che ha di fronte.

‘Il reclutatore sceglie casualmente la propria vittima?’
No, la vittima prima di essere osservata viene monitorata, seguita e studiata a tavolino, prima che egli/ ella si manifesti.

‘Come si fugge da una setta?’
La fuga volontaria è assai rara: è importante che i cari della persona scomparsa effettuino un’opportuna denuncia alle Forze dell’Ordine, in modo da intervenire tempestivamente. L’adescato, una volta rintracciato, può impiegare mesi o addirittura anni prima di tornare alla realtà. Può essere aggressivo ed autolesionista, può attaccare parenti, amici ed agenti da un momento all’altro e prolungare il culto di Satana anche al di fuori della setta[6]. Di norma il soggetto da ‘salvare’ viene rapito dagli stessi agenti di polizia e poi tramite lo psicologo viene ricondotto alla normalità (deprogrammazione).


Per concludere, il consiglio dell'esperto.

‘Come ci si protegge dall’adescamento?’
Quando si percorre una fase temporanea o contigua di profonda depressione personale, di delusione e di chiusura riguardo la famiglia è opportuno rivolgersi ad un esperto del settore, tra cui: psicologi, psichiatri ed in alcuni casi educatori; per avere gli opportuni consigli su come ricominciare una vita normale. È chiaro che per strada, è necessario tutelarsi sui neo incontri, il che non significa isolarsi agli altri, bensì selezionare al meglio le amicizie e non concedere subito la fiducia all’alterità. Chiunque è libero di vivere la propria vita, ma conoscere queste cose può essere utile a proteggersi da coloro che, proprio quella libertà, desiderano oscurarla per sempre.

Note:
1: Stregone o sacerdote a capo della setta.
2: Discepoli.
3: Da qui in avanti si è utilizzato come riferimento il libro di Francesco Bruno “Temi di pedagogia sociale” (Vol. 3), Pensa Multimedia, Lecce, 2009, pp.121 e ss.
4: Adescato.
5: Vedi a riguardo: V. M. Mastronardi, R. de Luca, M. Fiori, Sette sataniche. Dalla stregoneria ai messaggi subliminali nella musica rock, dai misteri del mostro di Firenze alle <<Bestie di Satana>>, Newton Compton, Roma, 2006.
6: Vedi: G. Moroni, Le bestie di Satana. Voci dall’incubo, Mursia Editore, Milano, 2005.

Bibliografia:
  1. Bruno F., Temi di pedagogia sociale, (vol. 3), Pensa Multimedia, Lecce.
  2. Mastronardi V. M, de Luca M., Fiori M., Sette sataniche. Dalla stregoneria ai messaggi subliminali nella musica rock, dai misteri del mostro di Firenze alle <<Bestie di Satana>>, Newton Compton, Roma, 2006.
  3. Moroni G., Le bestie di Satana. Voci dall’incubo, Mursia Editore, Milano, 2005.

Autore:

Dr. Davide Piserà
Pedagogista - Consulente familiare - Media Educator
E-mail: davidepisera@live.com



venerdì 11 marzo 2016

Il ponte tra la Montessori e i giorni nostri


È divenuta quasi una costante, sentire la preoccupazione di molte mamme riguardo a come debbano o possano gestire i propri piccoli. L’ansia di “fare e saper fare bene”, pone molte donne a riflettere se i metodi  educativi da loro scelti,  siano sufficienti a garantire uno sviluppo adeguato del bambino. In  alcuni casi, il senso di in inadeguatezza la fa da padrona.
 
E proprio in questo scenario, che  il metodo Montessori, ritorna prepotentemente.


Maria Montessori fu  il primo medico donna, nel secolo scorso in Italia, ha contribuito a costruire una nuova immagine e considerazione del bambino, desideroso di cresce e sperimentare il proprio contesto di vita in autonomia.
Il suo, è un metodo educativo, che nel tempo, è riuscito ad rimanere all’avanguardia in una società odierna, veloce, sempre di corsa ed esigente, che ha costruito attorno a se’ un  sistema iperstimolato, fatto di rapporti e oggetti  mutevoli, nel quale, anche i più piccoli  ne rimangono  investiti.
La Montessori, che ha attribuito alla pedagogia un valore scientifico, descrive  l’autentica natura dell’infanzia, e del bambino naturale, che se immaginato libero dalle  influenze negative dell’adulto, dalle sue inibizioni, e repressioni, e  collocato in un ambiente adatto alle sue esigenze,  ha la possibilità  di dar  sfogo a quell’energia creativa che ogni piccolo possiede. Il bambino assorbe in sé l’ambiente, realizzando passo dopo passo la propria personalità e il proprio adattamento alla realtà.

È proprio nella realtà odierna, a volte fatta di ansia e di  controllo, che si manifestano le perplessità di molte madri. Già Donald Winnicott, ha  svincolato la figura materna, dall’essere  perfetta ed infallibile, lui descrive una donna, una madre, sufficientemente buona: una madre imperfetta, ma sana e affettivamente presente.

È  possibile trovare un filo conduttore tra i due autori.

Una madre sufficientemente buona consente al proprio bambino di conoscere e di impossessarsi  del proprio ambiente di vita, mentre nell’approccio montessoriano, il gioco e l’esplorazione, anche se pur controllati  (in termini di sicurezza),  non debbano essere pilotati da suggerimenti che castrano il senso di conquista dell’autonomia del bambino ( non fare cosi, non sporcarti, sporchi casa, non saltare, non correre, ipercorrezione, ecc), ma lascino il senso di scoperta e di successo.
Ci si immagina un bambino capace di dar sfogo ai propri interessi, alle curiosità esplorative del momento, anche con materiali semplici (pentole, posate, colori, pasta, legumi, contenitori, ecc,), in cui l’attività ludica oltre a conservare quel valore intrinseco di divertimento, permetta al bambino di acquisire nuove competenze comportamentali e, a comprendere le cause e gli effetti delle proprie azioni. Pensate come basti giocherellare con materiali giornalieri, (esempio delle mollette), e permettere al  bambino in modo naturale, di prendere familiarità con l’oggetto, e  in una pura attività di gioco di esercitarsi nella prensione, nella pressione  e  nella coordinazione occhio – mano.

Garantire nella scoperta, la conquista dell’autonomia.  Pensiamo alla possibilità di farli  divertire con il cibo fin da piccoli, impastare le mani, sporcarsi…fino ad arrivare a mangiare autonomamente.  Stimolarli a fare da soli, nel vestirsi, nel lavarsi nel sistemare i giochi e tant’altro, aiutarli ad accettare le piccole frustrazioni che  ne possono derivare.  
Certo le conseguenze  sono bene note per le mamme, ma probabilmente ne vale la pena…. guardare negli occhi dei nostri piccoli, la soddisfazione di aver vinto!

Autore:
Dr.ssa Daniela Iaconianni
Pedagogista - Professional counselor - Esperta in disturbi generalizzati dello sviluppo, difficoltà comportamentali e relazionali.
E-mail: daniela.iaconianni@virgilio.it

lunedì 7 marzo 2016

Costruire l’alleanza all’interno di una relazione di aiuto


Negli ultimi articoli che ho scritto ho tentato di focalizzarmi su alcuni argomenti “caldi” che spesso i genitori mi portano in studio e sui quali mi chiedono di lavorare e riflettere. Il tema del rinforzo e il tema  dell’autoefficacia educativa rivestono una grande importanza e anche per questo ho voluto trattarli per primi. Ho cioè, estrapolato dalle relazioni di aiuto alcune tematiche portando il mio focus su di esse anziché sull’ intero processo pedagogico di ascolto attivo, interpretazione, alleanza.
Oggi mi piacerebbe approfondire proprio questo aspetto: lasciare da parte i focus, i temi caldi sui quali rifletto assieme agli utenti, e concentrarmi sulla cornice di sfondo. Perché si, per poter parlare coi genitori è essenziale prima aver creato un clima di fiducia che consenta alla coppia di aprirsi e parlare senza timori. Questa condizione, secondo i principi di Analisi Transazionale applicati al Counselling, prende il nome di Alleanza di lavoro. Si potrebbe definire come quella sensazione di fiducia che si instaura via via tra counsellor e utente/i e che permette un buon esito nel percorso di consulenza.
Ricordiamoci infatti che, anche quando i genitori arrivano per presentare un problema – spesso riguardante il figli* – essi rimangono sempre i primi destinatari del nostro intervento. Il nostro obiettivo, di pedagogisti e di counsellor, è pre-disporli affinché possano diventare disponibili a modificare i loro comportamenti (ad esempio, dopo aver illustrato come si esprime il rinforzo negativo, educarli al riconoscimento e a non utilizzarlo più).
Esistono delle barriere alla costruzione di un rapporto basato sul l’alleanza pedagogica e sulla collaborazione. Ho individuato le seguenti:
  • Atteggiamento valutativo: è fondamentale concentrarsi sul problema (ad esempio: un ritardo nel linguaggio, una scarsa adesione del l’adolescenza a seguire le regole familiari) evitando il più possibile di porre sotto la "lente di ingrandimento” il ruolo dei genitori (passando ad esempio implicito messaggi valutativi o giudicanti).
  • Comprendere il contesto ed agire di conseguenza: questa è a mio avviso l’operazione più difficile. Quando i genitori arrivano vorrebbero immediatamente agire sul problema. Per il professionista, invece, è fondamentale individuare prima il funzionamento familiare: quale risorse emotive, relazionali, di rete possiedono oppure in che cosa il loro funzionamento risulta compromesso (penso ad esempio alle famiglie seguire dal Sert, quelle con genitori affetti da patologie psichiatriche etc…). Di fronte ad una famiglia più fragile il professionista ha il compito di portare avanti, proprio tramite l’alleanza educativa, un percorso specifico che consenta una crescita è l’acquisizione di nuove competenze (ad esempio quelle relative ad una genitorialità più sana e consapevole).
  • La prospettiva genitoriale: un altro aspetto fondamentale è quello che definisco di “cultura”. È essenziale capire quali siano la prospettiva che orienta la funzione genitoriale dell’auto che ci pone una domanda e ha bisogno del nostro aiuto. Certe modalità di azione (ad es. la punizione corporale) può essere perfettamente in linea con le credenza dei genitori (che magari sono stati educati a ricevere qualche schiaffone da piccini ed è stato loro insegnato a valutarlo positivamente). In questo caso, ad esempio, non servirebbe nulla cambiare modello operativo (ad es. sostituendo la punizione con un rinforzo) se il genitore non “crede” in questo modello di intervento. Per questo sostengo che sia essenziale anzitutto stabilire un linguaggio comune e, insieme, fare cultura: individuare le credenze, analizzarle assieme e tramite l’alleanza portare il genitore a guardare il problema da un’altra prospettiva nella speranza che possa mettere in discussione il loro precedente modello di osservazione.
Parafrasando M.G. Riva si stratta di ricercare i significati ed ascoltare la componente emotiva all’interno di un sistema ampio che trascende il principale oggetto di intervento portando in consulenza per raggiungere l’intero nucleo familiare e sociale.

Note:
Provenienza dell'articolo "frammentidiundiscorsopedagogico.wordpress.com"

Autore:
Dr.ssa Alessia Dulbecco
Pedagogista - Counsellor
E-mail: alessia.dulbecco@alice.it

domenica 6 marzo 2016

L’importanza dell’educazione “ai, con e per i media” del docente e dell’educatore nella scuola postmoderna

L’importanza dell’educazione “ai, con e per i media” del docente e dell’educatore nella scuola postmoderna



Breve excursus sull'attuale società dal punto di vista dei giovani e nuove metodologie scolastiche adoperabili dal personale docente per una nuova forma d'istruzione


  • Abstract:
    Il seguente articolo si interessa in primo luogo dell'analisi pedagogica dell'universo giovanile, del modo in cui oggi i giovani si annullano nei meandri della nostra società e si smarriscono in orizzonti mediali privi di senso. Inoltre, tratta del ruolo scolastico dell'educatore e dell'insegnante e di quello che essi devono offrire all'incerta società per renderla libera nello spirito e negli ideali da seguire. Analisi che tenta anche di divincolare la complessa dinamica della folla (o massa) informe ed abbandonata a sé, in cui oggi i giovani si riconoscono per il vuoto esistenziale che li contraddistingue. Si è tentato di svolgere un lavoro attento e dal giusto linguaggio educativo, con la speranza che il lettore inizi a riflettere con maggiore criticità sulla società che lo circonda.

Nell’odierna società, caratterizzata da profonde spaccature tra gli individui, causate dall’avvento dei new media all’interno della quotidianità di ogni singolo soggetto, prende sempre più piede incontrollatamente il fenomeno della dispersione scolastica “in massa”. Perché in massa? Come mai questo termine, oggi, viene molto utilizzato e/o spesso abusato del suo significato pedagogico – e sociologico – più autentico? La risposta sta intorno a noi, o per usufruire di una frase più consona all’argomento in esame, sta all’interno del nostro “io”. Per chiarire nel miglior modo la complessa dinamica sociale ed educativa, basti notare come mondanamente non si trovi quasi più il confronto di un dialogo amichevole con l’alterità; il linguaggio verbale – da sempre nucleo portante dell’essere umano – si è drasticamente ridotto. Il dialogo, oramai, è mediato da telefoni cellulari, social network, realtà alternative (come “Second life”) ecc.; il disagio principale lo si evince nell’incapacità da parte dei ragazzi, soprattutto, di comunicare tra loro o con un adulto in situazioni face-to-face. Tale “deficit” contraddistingue il paradigma peculiare della postmodernità. L’intera società basa le sue radici su modelli culturali effimeri e perlopiù diseducativi; si consideri l’importanza delle immagini, che giocano un ruolo importantissimo nella vita dell’universo giovanile. Non vi è spazio per le parole, poiché esse risultano inattuali per il modus operandi in costante aggiornamento dei giovani. La “crisi del dialogo” deve spingere istituzioni educative a pensare nuove strategie di trasmissione dei saperi, vista la dispersione scolastica in aumento nel nostro Paese, con un tasso di rilevamento maggiore costantemente presente nel Mezzogiorno.
 È nel meridione d’Italia che purtroppo la scuola si presenta – nonostante l’indubbia competenza di molteplici intellettuali – incapace di progredire significativamente raggiungendo, dunque, gli standard nazionali. Del resto, la cultura errante italiana, in continuo declino per la mancanza di empatia nel rapporto docente-alunno, trova la sua espressione più negativa nella “ghettizzazione” dei ragazzi. Come incentivare la prospettiva di gruppo anziché quella del ghetto? In primis nel comprendere il disagio esistenziale che i giovani dell’oggi vivono sulla propria pelle; tale disagio li porta a trincerarsi in rapsodici ideali provenienti dai mass media, dalla “‘giovinilizzazione' della società", così come Morin definiva già negli anni ’60 l’esaltazione eccessiva della giovinezza nella propaganda pubblicitaria e il conseguente emarginare le altre età della vita, accantonate ed escluse, invece di essere considerate a loro volta come portavoce di ideali – e di tendenze – passati o futuri.
Questa esaltazione della giovinezza comporta nei giovani un escludere le altre età evolutive – in itinere – della vita; di conseguenza la senescenza, non viene più considerata, ma allontanata, inascoltata, rifiutata e spesso derisa. Il ghetto, è un truce malessere sociale, sfocia in episodi di razzismo, discriminazione, fondazione di “sette” e di microcriminalità organizzata; la sua presenza si nota prevalentemente in ambiente scolastico, nell’omertà da parte degli studenti nel condannare il compagno di classe per l’azione illecita, nessuno condanna nessuno. Tutti scelgono – per codardia – di tacere. Non è dunque questo un fenomeno mafioso? I neo-adolescenti postmoderni prediligono seguire la massa, poiché essa comporta un annullarsi nella sua forma fittizia e informe da parte di colui che ha scarsa fiducia in sé e negli altri. “Il dovere dello Stato – scrive Pasquale Rossi – consiste nel trasformare la folla indifferenziata in partito che è forma equilibrata di folla […]. Per ottenere ciò, c’è bisogno di una larga educazione e di una grande istruzione individuale e collettiva che, incominciata dai primi anni, si prolunghi per tutta la vita.”; Rossi, intellettuale – purtroppo poco noto – cosentino di inizio ‘900, ne “L’Animo della folla”, sua opera più importante, anticipa di quasi un secolo il concetto di massa informe abbandonata a se stessa in una dimensione di ignoranza e luoghi comuni dannosi per ogni membro della società, tentando di trovare in essa una qualsivoglia coscienza
comune. In aggiunta al pensiero di Rossi, non confutandolo, ma precisando un fattore peculiare che forse allo studioso in questione è sfuggito oppure, egli ha provveduto a sottenderlo, correndo tuttavia il rischio di fraintendimenti; sorge spontaneo un quesito. Come può Rossi affermare che deve essere lo Stato a dare un’identità alla folla, se lo Stato stesso è composto dai singoli cittadini in parte componenti della folla medesima? Lo Stato, sì, possiede dei rappresentanti, ma ognuno di noi è il portavoce di se stesso, quindi la folla – o la massa – non avrà mai un’identità a sé stante poiché i caratteri che la compongono sono una moltitudine.
 È indispensabile, invece, istruire la folla, farsi capire da essa, in modo da frammentarla lentamente, facendo sviluppare ad ogni cittadino la propria intelligenza critica. Soltanto in questo modo si può sconfiggere l’informe massa postmoderna. Qual è il ruolo dell’insegnante in tutto ciò? Per il docente e/o l’educatore, che si trova ad operare in un contesto scolastico traballante, dove l’apprendimento viene visto come un peso, la scuola come un luogo da odiare e sfregiare, gli insegnanti come incapaci di insegnare, svolgere il proprio lavoro è forse la sfida più dura da affrontare con strumenti nuovi e concreti. Quello che, in particolare a scuola, sembra regnare è l’indifferenza; indifferenza nei confronti del pensiero altrui, riguardo i problemi della collettività; tutto è “virtualizzato” attorno all’individuo che non riesce ad elevarsi a persona. Si diviene persona: nel momento in cui si ha piena consapevolezza delle proprie scelte, quando non si è più vittime della società mediale e si sceglie il proprio ruolo in essa; in caso contrario si rimane “uno tra i tanti”, senza idee, ideali e obiettivi. Il docente deve comprendere che, i media, percepiti come strumenti per avvicinare gli utenti, stanno in realtà allontanandoli sempre più nel mondo reale.
È qui che è urgente costruire una pedagogia che permetta ai giovani di combattere contro l’alienazione – e l’obnubilamento - dell’animo umano, ma per far ciò il professore postmoderno deve addentrarsi nel loro mondo: un mondo composto di frammenti da riallacciare tra loro, un mondo di incomprensioni e svilimenti, un mondo a volte cupo, composto da sentimenti repressi mai dichiarati e timori infantili non ancora abbattuti. Se la realtà giovanile è composta da immagini, sono esse che vanno adoperate per spiegare i concetti chiave, altrimenti si corre il rischio di non suscitare l’attenzione dei ragazzi, “fallendo”. L’educatore ha successo quando si fa comprendere dagli altri, soprattutto con i nuovi giovani deve saper adoperare una pedagogia che “faccia adattare sé medesimo alle condizioni degli educandi”, non viceversa o in minima parte, altrimenti il percorso educativo non trova esito. I giovani hanno bisogno di “ideali” da seguire, non più di “concetti” indotti dalla Scuola Italiana per secoli, oramai obsoleti. Il modo dell’insegnante di fare scuola, deve far fronte alla questione sociale che oggi ci troviamo a vivere; non si possono continuamente adoperare modelli educativi che causano nei ragazzi un’uniforme espressione di “rigetto”. Docente ed educatore devono avere entrambi gli strumenti per essere degli abili Media Educator, aiutando la nuova generazione a “non vivere più in un universo di immagini governate da un apparente ‘eterno presente'”, ma a “vivere la propria esistenza sfruttando le immagini come ‘rinforzo positivo’, aiutando l’insegnamento a partire dal presente per far osservare – e recepire – ai giovani che esiste anche un passato ed esisterà a sua volta un futuro se soltanto essi ne prenderanno piena consapevolezza”.

Bibliografia:

Morin E., L'industria culturale, Il Mulino, Bologna, 1963.

Rossi P ., L'Animo della folla, Tipografia "La Lotta", Cosenza, 1909.

Bossio F ., Il divenire della forma. Riflessioni pedagogiche sulla senescenza, Anicia, Roma, 2008.

Note:
Precedente pubblicazione "Periodico di studi umanistici, cultura e attualità iscritto al Registro Stampa del Tribunale di Cosenza al n. 2/09 del 30 marzo 2009 - ISSN 2279-7157 - CINECA - Servizio Gestione Riviste - Codice Rivista: E215247". Proprietario dei Diritti: Dr. Davide Piserà

Autore:
Dr. Davide Piserà
Pedagogista - CTP Giuridico - Media Educator
E-mail: davidepisera@live.com

sabato 5 marzo 2016

Il pedagogista giuridico CTU e CTP: workshop di formazione a Napoli


Il pedagogista giuridico CTU e CTP: workshop di formazione a Napoli


Locandina dell'evento
Il Centro Studi Athenaeum 2000 organizza una giornata professionalizzante dedicata ai pedagogisti ed agli educatori che vogliono intraprendere la libera professione. Nello specifico si tratterà del lavoro del pedagogista giuridico come CTP e CTU.

Il corso è tenuto dal dott. Davide Piserà, pedagogista, CTP e Media Educator e dalla dott.ssa Rosalba Monaco pedagogista e consulente familiare che introdurrà il tema della libera professione dell'educatore e del pedagogista e le modalità di accesso.

Il corso è aperto a educatori pedagogisti assistenti sociali medici psicologi avvocati forze dell'ordine studenti e tutti coloro che possono essere interessati alla tematica.

A tutti i partecipanti sarà rilasciato un attestato di partecipazione. Sono stati richiesti crediti formativi all'Ordine degli assistenti sociali della Campania.

Il Pedagogista Giuridico CTU e CTP.
Deontologia professionale, metodologie operative e strumenti d’analisi nella stesura della perizia tecnica giudiziaria d’ufficio e di parte


L’ambito di intervento del Pedagogista in ambito giuridico spazia direttamente all’interno delle situazioni in cui è richiesta la tutela di una persona fisica, di una controversia familiare e altri esempi che vedremo nel dettaglio. In primo luogo occorre differenziare il CTU ed il CTP, e spiegare il perché di tale separazione terminologica.
1) Il CTU è iscritto all’albo dei consulenti tecnici del tribunale “unicamente” nel proprio ambito provinciale e/o territoriale di pertinenza. Il suo incarico viene conferito direttamente dal giudice che, dopo opportuna consultazione degli elenchi nominativi, rileva il professionista più opportuno per il procedimento in corso d’opera.

2) Il CTP viene nominato direttamente dal cliente e gode della totale autonomia territoriale senza essere vincolato dal luogo di appartenenza. È pagato dal cliente e la sua perizia è equivalente a quella di un CTU “strutturato”.
Per l’esercizio della professione di Pedagogista Giuridico è necessario possedere requisiti specifici:
1) Laurea Magistrale 3+2 in Pedagogia, esattamente LM-50; LM-57; LM-85; LM-93. Oppure Laurea Quadriennale in Pedagogia v.o.

2) Iscrizione ad un’associazione nazionale di categoria in corso di validità e conoscenza del codice deontologico professionale.
Non sono “direttamente” ammessi gli Educatori sia SNT/02 che L-19, i quali possono essere nominati dal giudice in CTU e dal Pedagogista in CTP come “tecnici” per avvalorare la perizia sviluppata dal professionista.
Il Pedagogista può assumere in ambito giudiziario diverse funzioni e trattare ambiti vari:
• giudici onorari nei tribunali;
• consulenti tecnici d’ufficio (CTU) o di parte (CTP);
• collaborazioni con studi legali;
• collaborazioni con associazioni ed agenzie per l’affido e l’adozione;
• pedagogisti di studi professionali privati;
• gestione o consulenza a comunità sociali di vario genere; -
• tutori o garanti in enti pubblici;
• pedagogisti penitenziari;
• perizie di parte;
• famiglie ricostituite;
• convivenze;
• separazioni;
• divorzi;
• conflittualità e mediazione familiare;
• sostegno alla genitorialità;
• affido e adozione;
• idoneità genitoriale;
• tutela del minore in carcere minorile;
• tutela del disabile;
• tutela dell’anziano;
• devianza minorile;
• danno alla persona (esistenziale);
• mobbing;
• stalking;
• l’abbandono e l’incuria nei confronti dei soggetti deboli: anziano, minore, disabile, malato;
• l’abuso psicologico;
• l’abuso sessuale;
• l’abuso e il maltrattamento del minore;
• lo sfruttamento minorile;
• l’ascolto protetto del minore nel processo;
• il condizionamento della persona: plagio (diretto ed indiretto), mobbing, limitazioni di personalità, persecuzione;
• la condizione di marginalità e/o devianza dell’assistito;
• la diversità etnica;
• la precarietà psicologica e sociale;
• la condizione di minorato o malato abbandonato;
• la condizione di minore straniero “non accompagnato”;
• la criticità della reclusione nelle carceri.

In relazione alle pertinenze dianzi indicate, costituiscono sedi di esercizio della pedagogia giuridica, le seguenti:
• Tribunali;
• Servizi per la giustizia;
• Studi legali;
• Studi clinici;
• Sportelli informa donna;
• Centri antiviolenza;
• Centri di accoglienza;
• Comunità di pronta accoglienza;
• Comunità educative e familiari;
• Consultori;
• Centri per la famiglia;
• Associazioni civili;
• Associazioni di volontariato;
• Case–famiglia;
• Servizi penitenziari;
• Domicilio del cliente.

La relazione professionale può essere realizzata confrontandosi e/o collaborando con altri professionisti ed operatori:
• Legali (avvocati e CTU/CTP);
• Psicologi;
• Neuropsichiatri;
• Pedagogisti (classici e clinici);
• Mediatori familiari;
• Counselor;
• Educatori dei servizi penitenziari;
• Assistenti sociali;
• Operatori di associazioni di famiglie;
• Operatori di associazioni di volontariato;
• Magistrati;
• Docenti e dirigenti di scuola;
• Dirigenti e responsabili di aziende;
• Enti locali.
La libera professione intende che il pedagogista può trovare collocazione, in qualità di dipendente o libero professionista aprirsi uno studio privato o studio associato con colleghi: pedagogisti, avvocati, psicologi, filosofi, sociologi, medici, assistenti sociali specializzati, antropologi ed educatori.
Il modus operandi nella stesura della perizia tecnica e gli strumenti utilizzabili dal Pedagogista, verrà spiegato tramite apposita simulazione all’interno del corso intensivo.

Durata corso: 6 ore intensive
Destinatari: medici, operatori sanitari, educatori, pedagogisti, insegnanti, psicologi, psichiatri, assistenti sociali, avvocati, forze dell'ordine.

Organizzazione del lavoro;
- Codice deontologico del Pedagogista;
- Differenze tecniche tra CTU e CTP;
- Assunzione dell’incarico e retribuzione del professionista;
- Strumenti osservativi nel colloquio preliminare col cliente;
- Strumenti operativi e test valutativi: come e quando utilizzarli;
- La gestione del cliente nel corso del procedimento giudiziario in ogni situazione;
- Simulazione in aula sulla fisiognomica del cliente e sulla gestione dell’ansia nel corso del colloquio;
- Esempio di perizia tecnica;
- Verifica finale: simulazione in aula di scrittura di una perizia tecnica.

Quota di partecipazione € 40,00. Il pagamento della quota di adesione può essere effettuato in sede o a mezzo bonifico bancario (coordinate bancarie: BANCA MPS - CENTRO STUDI ATHENAEUM 2000 - IBAN IT36 P 01030 03400 000007190394)

Per prenotarsi è necessario richiedere il modulo di adesione inviando una mail a athenaeum2000prenotazione@gmail.com 
N.B. C'è tempo per iscriversi sino al giorno 09/03/16

Info:
dott.ssa Rosalba Monaco 3355361835
dott. Davide Piserà: 3284673212